PUNTI DI VISTA | L’AMANTIDE – LOVE MACHT FREI

Quattro punti di vista under 30:

Una leggenda dell’antica Grecia racconta che le gambe di Glauco, figlio di Poseidone e di una Ninfa – dopo ch’ebbe mangiato un erba marina dal colore, appunto, glauco – si trasformarono nella coda di un pesce.
Il Glauco che Malabranca Teatro ci presenta nel suo spettacolo L’Amantide non è per metà pesce, ma come il suo omonimo mitico, subisce una curiosa metamorfosi: dopo aver pronunciato il fatidico “sì”, diventa come d’incanto un uomo-cavallo.
Alla gustosa provocazione che l’intellettuale vicentino Goffredo Parise lanciò nel ’63 alla buona ipocrisia della società borghese, si sommano elementi scenografici stilizzati adatti a ribaltare le leggi prospettiche e una recitazione squisitamente ingenua e favolistica. Il risultato è una farsa borghese dal sapore ioneschiano che ci porta alle estreme e metaforiche conseguenze del morboso gioco matrimoniale.

Giulio Bellotto, giovane critico, 21 anni, Milano

 

Due sedie colossali, di gravità mackintoshiana, e un tavolo-scivolo distorcono la scena staccandone un alto e un basso. Precipitato in questo spazio aberrato, grafico/espressionista, L’amantide è una parabola grottesca e allucinata in cui la cifra assurda è solo apparente: in realtà lo spettacolo contiene un gioco simbolico molto fitto, come un linguaggio criptato, in cui ogni gesto ne intende un altro. Questa specie di pruderie veicola, a ritmo non serrato, gli aspetti sadico-masochistici di una relazione minata sul nascere dall’incomunicabilità e dal bisogno di dominazione e sottomissione.

Anna Cingi, giovane critica, 23 anni, Reggio Emilia

 

La metamorfosi di uno stato-limite è segnata dalla dipendenza da una dialettica-servo padrone che sconfina in un insano rapporto-gabbia a senso unico. Lo spettatore diventa voyeur indiscreto dell’intimità relazionale tra due coniugi dentro uno spazio claustrofobico e occlusivo di evocazione pinteriana. Una scenografia a più livelli gerarchici dove si può solo salire o scendere è il contenitore di uno stato psicologico che si somatizza gradualmente nel delirio delle percezioni. Essere e sembrare, comandare e essere comandato, diventano gli ingredienti essenziali del circolo vizioso di un gioco-sfida dai toni grotteschi e dai risvolti vertiginosi.

Lavinia Morisco, giovane critica, 29 anni, Bologna

 

Una pièce surreale sulla degenerazione dei rapporti di coppia. Immagine fin troppo esplicita dell’ascesa del sesso “debole” (diventato “forte”). Il focolare domestico è una prigione bianca senza argini chiaramente stabiliti. Comicità e retorica servite sul piatto dell’intrattenimento.

Renata Savo, giovane critica, 27 anni, Roma

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