Duecento Decibel

ven. 20 / 7 / 2018
ore 21.30
55 minuti
Biglietteria
Biglietto unico = 5 euro

Duecento Decibel
Matutateatro

Viviamo in tempo di guerra. Lo sappiamo ma non ce ne curiamo. Viviamo dalla parte fortunata del mondo, assorbiamo notizie di morti ammazzati e annegati davanti alla tv mentre mangiamo i nostri piatti sempre colmi. Solo gli attacchi terroristici riescono a destare le nostre coscienze per qualche breve lasso di tempo. Ma ci basta colorare le immagini profilo con la bandiera della Francia per sentirci solidali. Con la Francia. E le vittime degli altri 24 conflitti presenti nel mondo? D’altronde, come diceva Simon Weil, “quando le autorità spirituali e temporali escludono una categoria di esseri umani dalla schiera di coloro la cui vita ha un prezzo, non si teme più né castigo, né biasimo, si uccide”. O si lascia uccidere. Ma noi cosa possiamo fare? Forse niente, ma «il rischio, se non ci impegniamo in un serio tentativo di analisi, è che un giorno o l’altro la guerra ci sorprenda incapaci non solo di agire, ma persino di giudicare» (Simon Weil, Riflessioni sulla guerra)

Allora parliamo della guerra. Non “una”, non “questa”, ma LA guerra. Un grande “gioco” che si ripete, in ogni epoca, con protagonisti differenti ma sempre con le stesse regole, le stesse dinamiche. I protagonisti sono sempre 3: chi prende le decisioni, i POTENTI; chi le subisce, le VITTIME; chi guarda da lontano, gli SPETTATORI. E’ una ruota che gira, chi era vittima può diventare potente, chi spettatore vittima… e così via. E il gioco che non finisce mai.

Siamo partiti da un lavoro di indagine quasi giornalistica. Abbiamo iniziato a raccogliere testimonianze. Storie di uomini e donne sopravvissuti ai conflitti più disparati. Sono state il nutrimento che ha fatto germogliare i testi per le VITTIME: un ragazzo, un padre, una fotoreporter. Tre storie accomunate dalla sofferenza che diventano archetipo di tutte le atrocità subite dagli esseri umani nei vari conflitti. Attorno a loro abbiamo creato le grottesche figure dei POTENTI costruite attorno ad un immaginario cinematografico, legate alla cultura di massa e all’idea di violenza spettacolarizzata che la cultura occidentale ha contribuito a creare. Sono dei sadici pagliacci che si divertono indisturbati a giocare con i loro “giocattoli” a spesa delle VITTIME. Gli SPETTATORI infine chiudono il cerchio. Siamo tutti noi, che guardiamo distrattamente il tg all’ora di cena, che viviamo nei luoghi comuni nella convinzione di essere al sicuro. “Ma se arriva da noi?”

Il progetto si avvale di una drammaturgia originale sviluppatasi attraverso un lavoro di ricerca di testimonianze portate poi in improvvisazione. Le musiche, anch’esse originali, sono state composte di pari passo ai testi per uno spettacolo dalla vocazione musicale. Il titolo è chiaramente un rimando al suono. 200 decibel è l’intensità media del suono prodotto dallo scoppio di una bomba. Un suono che non è suono poiché supera la soglia del dolore umana (120dB); non si tratta più di un’onda sonora ma di un’onda di shock alla quale l’essere umano non può sopravvivere.

 

La poetica di Matutateatro si nutre delle differenze dando vita ad un corto circuito che rende i suoi spettacoli sempre vitali. Matutateatro percorre trasversalmente i confini tra le arti, credendo che solo con una molteplicità di linguaggi si possa ridare la complessità del mondo.
Nel 2012 gli allievi Alessandro Balestrieri, Andrea Zaccheo ed Elena Alfonsi entrano a far parte della compagnia, produzioni a pieno organico si alternano a progetti più piccoli.
Le produzioni circuitano in importanti festival e rassegne nel panorama dei Teatri off italiani ricevendo premi e riconoscimenti (Premio speciale della giuria al Festival 3×3, finalisti ad Argot Off 2012, Premio della Critica _Teatro Rossini/Gioia del Colle al Festival VdA 2013, Premio della Critica e della Giuria – secondo premio – ad Ermo Colle 2013)

regia Alessandro Balestrieri, Andrea Zaccheo, Elena Alfonsi
con Alessandro Balestrieri, Andrea Zaccheo, Elena Alfonsi
musiche originali Alessandro Balestrieri, Riccardo Romano