L’eco della falena

ven. 28  / 8 / 2020
ore 21.30
55 minuti
Biglietteria
A causa delle limitazioni sui posti a sedere in sala, in conformità con le misure anti Covid-19, lo spettacolo è riservato ai partecipanti di Direction Under 30 (Giurie e Compagnie), oltre al personale di sala.
Misure di prevenzione Covid-19
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L’eco della falena
Cantiere Artaud

Finalista Direction Under 30 – VII edizione 2020

L’eco della falena è una ricerca sul tempo come ricordo, memoria felice dell’infanzia, memoria traumatica, che si fa assenza e mancanza, un tempo che scorre e porta via le persone care, che cura e invecchia il corpo, che trasforma le azioni in abitudine, un tempo che vorremmo possedere con violenza, gestire, ma che scivola dalle mani e si fa spesso paura del futuro in quanto ignoto.

Anime in attesa, ispirate alla vita e alle opere di Virginia Woolf, si materializzano in scena svelandoci la loro melanconica natura.
Nei suoi testi la scrittrice britannica entra spesso in conflitto con l’entità tempo e si confronta con questo elemento meschino che deteriora i suoi personaggi dal punto di vista emotivo e fisico.

In Gita al faro il tempo agisce in maniera inesorabile, morte e consunzione di uomini e oggetti fanno da sfondo al desiderio di raggiungere il faro visto come elemento di luce, di salvezza, di verità. Il tempo è inteso come estensione dell’attimo in Mrs Dalloway, dove viene descritto tutto d’un fiato un solo giorno. Woolf si prende gioco del tempo e lo tratta con ironia in Orlando, in cui un solo personaggio attraversa i secoli e più vite. Infine, l’autrice scrive un romanzo in cui il protagonista assoluto è il tempo, Le Onde, che ripercorre le storie di sei personaggi amici dall’infanzia nell’arco di tutta la loro vita.

Nonostante i riferimenti letterari, non ci sono personaggi né storia, ma figure e un luogo. Una donna ci guida nei meandri della sua camera, che sta a rappresentare il suo mondo interiore. Sul fondo della stanza ci sono due grandi porte chiuse, simbolo del futuro, uno spazio-tempo sospeso che ci invita a immaginare che cosa ci sia oltre. La donna è incapace di aprirle, forse per paura di ciò che non conosce, ma le porte si apriranno per portare alla luce la memoria. In scena ci sono pietre, strumento di punizione ma anche di costruzione, e acqua, sorgente di vita ma anche elemento di morte (Virginia Woolf si è suicidata annegandosi nel fiume Ouse), che con il tempo corrode e arrugginisce gli oggetti. L’obiettivo è evocare un clima, far identificare lo spettatore in un gesto, una parola, una musica o un rumore.

L’uomo è l’unico essere vivente che avverte e misura il tempo, ascolta i rintocchi dell’orologio e da essi è condizionato, pertanto ha terribilmente paura di non essere in tempo. La nostra mente è ancorata a esso e spesso viviamo soltanto di passato e anticipazioni. Il nostro tempo diventa presente quando si esce definitivamente da esso, per arrivare – chissà – a un’altra percezione temporale, quella dell’eternità.

Cantiere Artaud è un collettivo teatrale fondato ad Arezzo nel 2016 da Sara Bonci e Ciro Gallorano il cui principale oggetto di ricerca è la drammaturgia dell’immagine. Il nome dell’Associazione sottolinea la volontà di essere sempre pronti a nuove sperimentazioni e vuole essere un omaggio ad Antonin Artaud.
Tra i lavori più significativi sono stati realizzati L’eco della falena, spettacolo semifinalista a In-Box 2020 e risultato tra i vincitori del programma “Per Chi Crea” promosso dal MiBACT e gestito da SIAE; 318: better together, spettacolo coprodotto da Città di Figline e Incisa Valdarno, Teatro Comunale Garibaldi, Arca Azzurra Formazione e Cantiere Artaud; Frammenti, selezionato per il progetto Cantieri promosso dal Teatro dei Venti e andato in scena nell’ambito di Trasparenze Festival 2018; I brandelli di luce che ci rimangono; Il signor Pirandello è desiderato al telefono, menzione speciale della giuria critica alla rassegna Alchimie 2016.
Quello di Cantiere Artaud vuole essere il luogo della riscoperta degli archetipi, dei valori catartici, secondo l’idea che la verità risieda nel simbolismo e nel rito. Allo spettatore viene chiesto di lasciarsi condurre dentro un labirinto fatto di gesti evocativi e suoni primordiali, silenzi e parole taglienti, luci immersive e ombre.

scene e regia Ciro Gallorano
con Sara Bonci, Filippo Mugnai
disegno luci Federico Calzini, Ciro Gallorano
tecnico del suono Francesco Checcacci
residenze artistiche Teatro Comunale di Bucine/Diesis Teatrango, Teatro Verdi di Monte San Savino/Officine della Cultura
produzione Cantiere Artaud
foto di scena Valentina Gnassi

Con il sostegno del MiBACT e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”