PUNTI DI VISTA | AMLETO FX

Quattro punti di vista under 30:

Questo non è Amleto. Gabriele Paolocà ci offre una panoramica sulla sua peculiare visione del principe shakespeariano attraverso un raffinato studio sul personaggio, indagato attraverso molteplici esegesi. I molti livelli interpretativi – troppi per essere apprezzati completamente – si sovrappongono e si confondono riflessione intima e personale infarcita di citazioni pop che viene portata in scena da Vico Quarto Mazzini con la maestria che li contraddistingue: la regia rende tangibile la costrizione tipica della depressione amletica dell’oggi social, la recitazione coinvolge e da’ vita a momenti di vero godimento intellettuale – primo tra tutti, la comparsa di un mostro bicefalo rosencrantzguildesteriano che non deve invidiare nulla al duo diretto da Stoppard.
Tuttavia viene spontaneo chiedersi se davvero l’Amleto dei nostri tempi non possa essere altro che Fox eXtended e videogiocato; la semplice magnificenza di questo eroe unico nel suo genere si è persa? Si può ancora apprezzare la statura di un Amleto dalla platea, senza essere pubblico in studio ma rimanendo spettatori di teatro? Vico Quarto ci dice di no, ma è una risposta per niente scontata.

Giulio Bellotto, giovane critico, 21 anni, Milano

 

Nadia Fusini dice che Amleto nello spettacolo teatrale cerca il nastro di Moebius che rovesci la finzione nella realtà. L’Amleto di Vicoquatromazzini no. Il vero non gli interessa; nell’enorme fatica di cavare un senso da se stesso, questo principe di Danimarca si appella all’intero universo dell’immagine, al cinema, a tutti i miti della narrazione contemporanea sperando di estrarre (in modo altrettanto paradossale) la propria identità da un collage di citazioni. Il suicidio, per lui, è la quintessenza di questi miti eroici; il problema, invece, è non avere affatto quella tragicità, è l’essere, e solamente essere, del suo grottesco disadattamento. In un incontenibile, schizofrenico processo di metamorfosi, l’attore mescola spasimi di dolore e smorfie di clownerie; cerca forse di sottrarsi a un’eredità paterna di placida mediocrità e piccole fatiche senza ragioni.

Anna Cingi, giovane critica, 23 anni, Reggio Emilia

 

“Essere è solamente Essere: questo è il fottuto problema.” Gabriele Paolocà

Poesia, immaginari e impalcature di saperi stratificati in un flashback di esperienze di vita.
Amleto Fx è la messa a nudo di un Amleto moderno scaraventato nell’era digitale o di un uomo d’oggi qualunque con le sue fobie e ossessioni. E’ il dramma dell’incomunicabilità del tessuto relazionale interpersonale: “Amleto è solo impegnato in una conversazione con i propri incubi”. L’attore-performer (Gabriele Paoloca) costruisce un monologo-dialogo con un padre digitalizzato in una cartella documenti, con un’Ofelia computerizzata e con una cerchia di pseudo-amici da mondo virtuale.
Lo spettacolo è una mappatura di riferimenti, di evocazioni, di stralci e scorci, di frammenti di ri-tratti icone dove nulla è lasciato al caso, racchiuse nella complessità di un Amleto che fa fatica a far parte di questo mondo: è come un “bambino cresciuto” o “un adulto disadattato” che proprio non ce la fa a omologarsi alla società, preferisce ingurgitare uno spritz aperol da un biberon, piuttosto che farsi fotografare dall’obiettivo di uno smartphone. “Il suicidio” di Amleto è il momento del suo riscatto, è il momento in cui sceglie di Essere al di fuori dell’involucro del corpo: “Se dev’essere sarà, se non dev’essere sarà lo stesso”.

Lavinia Morisco, giovane critica, 29 anni, Bologna

 

Se Laforgue fosse vissuto nel XXI secolo, Amleto l’avrebbe dipinto così: autorecluso all’interno della famosa cameretta di Vincent Van Gogh, sullo scrittoio un Mac, le sue comunicazioni con il mondo, mediate da Facebook e Skype. Ma l’immaginazione di Vico Quarto Mazzini non si esaurisce nello spleen decadente: la macchina attoriale di Gabriele Paolocà ci sorprende con un’ironia delicata e costruita sul dettaglio di una smorfia che arriva puntuale, con la costruzione di un personaggio clownesco che fa delle sue continue metamorfosi l’icona intramontabile di un archetipo, quello di Amleto, che splende come una Marilyn in abito da sera, dalla vita breve, ma dalla memoria imperitura.

Renata Savo, giovane critica, 27 anni, Roma