Kobarid. Il silenzio degli ultimi

TERRENI FERTILI FESTIVAL / DIRECTION UNDER 30

Kobarid
Il silenzio degli ultimi

TERRENI FERTILI FESTIVAL / DIRECTION UNDER 30

Matrice Teatro
Kobarid. Il silenzio degli ultimi

Direction Under 30 decima edizione

Quando
venerdì 14 luglio
ore 21.30

Dove
Teatro Sociale di Gualtieri

Durata
50 minuti

Biglietteria / Prenotazioni
Intero > 10 €
Ridotto under 30 > 5 €
Vai alla biglietteria

Nel programma di
Terreni Fertili Festival
Direction Under 30

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Kobarid, Il silenzio degli ultimi è uno spettacolo teatrale che nasce dagli eventi legati alla disfatta di Caporetto, e diventa pretesto per raccontare la guerra. Un viaggio insieme a un soldato che ha smarrito la propria identità di uomo. Tra trincee e reticolati questo individuo scopre di essere l’unico superstite del suo settore. Diventa, dunque, simbolo di quella vita residua nascosta fra le macerie, capace ancora di sognare, desiderare e stupirsi. Ma la guerra non è finita, e quando giunge l’ordine di andare all’attacco, pur essendo solo, marcia verso un’ultima, folle battaglia.

Lo spettacolo genera dalla lettura del libro Caporetto di Alessandro Barbero, dal quale si può rilevare quanto siano state folli e potenti le vicende che portarono alla sconfitta italiana nell’ottobre-novembre 1917. Una volta indagata la realtà dei fatti, nonché le condizioni di vita dei soldati durante la Grande Guerra, si decide di ascoltare la loro “voce”. Come i soldati, gli “ultimi”, descrivevano la guerra? Che paure e speranze avevano? Quali le loro necessità? Il processo creativo passa dunque dalla lettura di decine di lettere, indirizzate alle rispettive famiglie, nelle quali ciascuno racconta se stesso e il proprio presente, la vita di trincea, gli assalti alla baionetta, le privazioni, i compagni scomparsi, gli ordini folli degli alti comandi. Infine è la volta di  un viaggio a Caporetto, in sloveno Kobarid: per due settimane sulle montagne e lungo le trincee.

L’elaborazione di questo materiale porta all’idea che per raccontare quella guerra è necessario far emergere il silenzio e la desolazione che, ancora oggi, caratterizzano quelle terre. Ci siamo domandati cosa accada intimamente in chi si trova a vivere fenomeni di tale portata e se in un contesto del genere, dove le persone coinvolte subiscono un inevitabile processo di alienazione, ci sia la possibilità di reagire e conservare parte della propria umanità.

Le risposte arrivano dal linguaggio scenico esplorato: il clown. Per sua natura, il clown è in grado di trovare sempre un’altra via per affrontare difficoltà, errori, ostacoli. Diventa, dunque, simbolo di quella vita residua nascosta fra le macerie, capace ancora di sognare, desiderare e stupirsi.

Ma come un essere clownesco vive e subisce la guerra? Intendiamo il linguaggio clownesco nella sua accezione poetica più che in quella apertamente comica. Nessuna parrucca e naso rosso, la cipria e il trucco sono sostituiti da una maschera di fango che ricopre il viso dell’attore, elemento nel quale i soldati erano costretti a vivere nelle trincee. La sfida è stata quella di esplorare al meglio lo sguardo, il corpo, il respiro e la sensibilità di questo personaggio mettendoli in relazione ad atmosfere e immagini indissolubilmente legate ai teatri di guerra. Sono protagonisti anche gli strumenti con cui il personaggio interagisce durante il corso dello spettacolo. Oggetti comuni, legati da un forte valore simbolico, come un semplice bastone, dei cappotti o del filo spinato sono sviluppati alla ricerca di nuovi significati che possano andare oltre la loro quotidiana utilità.

Note sulla compagnia
Matrice Teatro è un collettivo di attori under 30 diplomati presso la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone nel 2021. Il primo spettacolo della compagnia, Una Cosa Bella, diretto da Claudia Perossini e Davide De Togni, debutta nel 2021 al Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto, VR. Il secondo, Funambole, il quale vede come registe, drammaturghe e interpreti Virginia Cimmino, Irene Papotti e Claudia Perossini, debutta nel 2021 al Teatro Spazio Centrale, SO. Matrice Teatro vince il bando Powered By Ref – Roma Europa Festival 2022 con il progetto Il dilemma dei cento girasoli fotovoltaici – Dialogo sulla fine del mondo, scritto e diretto da Virginia Cimmino, con Claudia Perossini e Matteo Dagnino. Gioele Rossi, formatosi anche lui presso la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone, inizia a collaborare con Matrice Teatro nel 2022 affiancato da Alberto Camanni alla regia dello spettacolo Kobarid, Il silenzio degli ultimi. Lo spettacolo ha debuttato ad aprile 2023 al Teatro Spazio Centrale, SO ed è stato selezionato al Plavajoči Grad Floating Castle 2023, festival internazionale di musica e teatro in Slovenia.

uno spettacolo di Matrice Teatro
di e con Gioele Rossi
regia Alberto Camanni, Gioele Rossi
light design Alberto Camanni
musiche originali Benedetta Carrara, Edoardo Vilella

» instagram @matriceteatro

fotografie Alberto Camanni

Quando
venerdì 14 luglio
ore 21.30

Dove
Teatro Sociale di Gualtieri

Biglietti e altre informazioni
clicca e scorri sotto

Kobarid, Il silenzio degli ultimi è uno spettacolo teatrale che nasce dagli eventi legati alla disfatta di Caporetto, e diventa pretesto per raccontare la guerra. Un viaggio insieme a un soldato che ha smarrito la propria identità di uomo. Tra trincee e reticolati questo individuo scopre di essere l’unico superstite del suo settore. Diventa, dunque, simbolo di quella vita residua nascosta fra le macerie, capace ancora di sognare, desiderare e stupirsi. Ma la guerra non è finita, e quando giunge l’ordine di andare all’attacco, pur essendo solo, marcia verso un’ultima, folle battaglia.

Lo spettacolo genera dalla lettura del libro Caporetto di Alessandro Barbero, dal quale si può rilevare quanto siano state folli e potenti le vicende che portarono alla sconfitta italiana nell’ottobre-novembre 1917. Una volta indagata la realtà dei fatti, nonché le condizioni di vita dei soldati durante la Grande Guerra, si decide di ascoltare la loro “voce”. Come i soldati, gli “ultimi”, descrivevano la guerra? Che paure e speranze avevano? Quali le loro necessità? Il processo creativo passa dunque dalla lettura di decine di lettere, indirizzate alle rispettive famiglie, nelle quali ciascuno racconta se stesso e il proprio presente, la vita di trincea, gli assalti alla baionetta, le privazioni, i compagni scomparsi, gli ordini folli degli alti comandi. Infine è la volta di  un viaggio a Caporetto, in sloveno Kobarid: per due settimane sulle montagne e lungo le trincee.

L’elaborazione di questo materiale porta all’idea che per raccontare quella guerra è necessario far emergere il silenzio e la desolazione che, ancora oggi, caratterizzano quelle terre. Ci siamo domandati cosa accada intimamente in chi si trova a vivere fenomeni di tale portata e se in un contesto del genere, dove le persone coinvolte subiscono un inevitabile processo di alienazione, ci sia la possibilità di reagire e conservare parte della propria umanità.

Le risposte arrivano dal linguaggio scenico esplorato: il clown. Per sua natura, il clown è in grado di trovare sempre un’altra via per affrontare difficoltà, errori, ostacoli. Diventa, dunque, simbolo di quella vita residua nascosta fra le macerie, capace ancora di sognare, desiderare e stupirsi.

Ma come un essere clownesco vive e subisce la guerra? Intendiamo il linguaggio clownesco nella sua accezione poetica più che in quella apertamente comica. Nessuna parrucca e naso rosso, la cipria e il trucco sono sostituiti da una maschera di fango che ricopre il viso dell’attore, elemento nel quale i soldati erano costretti a vivere nelle trincee. La sfida è stata quella di esplorare al meglio lo sguardo, il corpo, il respiro e la sensibilità di questo personaggio mettendoli in relazione ad atmosfere e immagini indissolubilmente legate ai teatri di guerra. Sono protagonisti anche gli strumenti con cui il personaggio interagisce durante il corso dello spettacolo. Oggetti comuni, legati da un forte valore simbolico, come un semplice bastone, dei cappotti o del filo spinato sono sviluppati alla ricerca di nuovi significati che possano andare oltre la loro quotidiana utilità.

Note sulla compagnia
Matrice Teatro è un collettivo di attori under 30 diplomati presso la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone nel 2021. Il primo spettacolo della compagnia, Una Cosa Bella, diretto da Claudia Perossini e Davide De Togni, debutta nel 2021 al Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto, VR. Il secondo, Funambole, il quale vede come registe, drammaturghe e interpreti Virginia Cimmino, Irene Papotti e Claudia Perossini, debutta nel 2021 al Teatro Spazio Centrale, SO. Matrice Teatro vince il bando Powered By Ref – Roma Europa Festival 2022 con il progetto Il dilemma dei cento girasoli fotovoltaici – Dialogo sulla fine del mondo, scritto e diretto da Virginia Cimmino, con Claudia Perossini e Matteo Dagnino. Gioele Rossi, formatosi anche lui presso la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone, inizia a collaborare con Matrice Teatro nel 2022 affiancato da Alberto Camanni alla regia dello spettacolo Kobarid, Il silenzio degli ultimi. Lo spettacolo ha debuttato ad aprile 2023 al Teatro Spazio Centrale, SO ed è stato selezionato al Plavajoči Grad Floating Castle 2023, festival internazionale di musica e teatro in Slovenia.

fotografie Alberto Camanni

uno spettacolo di Matrice Teatro
di e con Gioele Rossi
regia Alberto Camanni, Gioele Rossi
light design Alberto Camanni
musiche originali Benedetta Carrara, Edoardo Vilella

» instagram @matriceteatro

Durata
50 minuti

Biglietteria / Prenotazioni
Intero > 10 €
Ridotto under 30 > 5 €
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