La decisione

Ogni spettatore almeno una volta nell’arco della sua “carriera” si è trovato ad affrontare questa scelta difficile. 

In alcuni casi la preferenza ha portato litigi, pacificati solo dopo lunghe discussioni. In altri, ha rotto amicizie. A volte si è pure arrivati a coinvolgere i legali, fino all’estrema conseguenza del divorzio, o all’esclusione di parenti dagli atti testamentali perché, tanto, loro avrebbero potuto abbandonarsi tra le braccia della loro morbida ed appassionata conquista rossa. Sì, lo stiamo pensando tutti: la scelta del posto.

Soprattutto per gli spettatori alle prime armi, o coloro che non sono mai stati nel teatro in cui si stanno per sedere, la scelta può risultare ardua. Devono essere considerati fattori che variano con la tipologia dello spettatore, la struttura del teatro e lo spettacolo stesso. Non sono certo paragonabili una stand-up comedy di cinquanta minuti con una scena perfettamente visibile, e un’opera di quattro ore vista da un balconcino laterale completamente pieno che ti fa maledire l’architetto, la bigliettaia e il regista per aver messo in scena una versione dell’opera così bella e così impossibile da godersi a pieno.

In qualunque caso, la regola generale dice, il miglior posto è quello centrale, all’incirca qualche fila prima della metà, accanto a dei compagni di avventure taciturni ma simpatici. Ma per una regola del genere esistono tante eccezioni quanti sono i teatri nel mondo e sarebbe impossibile parlare di tutte. 

Possiamo però concentrarci su quella che per me è la sfida più interessante, quella che si trova ad affrontare uno spettatore indeciso nei teatri che condividono la stessa particolarità di quello di Gualtieri. Per qualcuno è una benedizione, per qualcun altro un incubo, ma probabilmente la maggior degli spettatori distratti lo ignora. Sto parlando della meravigliosa imprevedibilità dei posti non numerati. 

Una volta acquistato il tanto agognato biglietto lo spettatore si rende conto di dover fare una scelta su cui non aveva riflettuto a sufficienza prima. Dove e accanto a chi sedersi? Tutti i posti del teatro fortunatamente permettono una buona visibilità. Ma qual è quella ottimale?

Scegliere di sedersi in fondo, e fare compagnia ai tecnici della regia? Poco male, sono simpatici e le file posteriori permettono sempre di controllare la situazione e, se proprio lo spettacolo è meno interessante del previsto, si può sempre ammirare la bellezza della realtà guardando gli altri spettatori. “Ehi, che fa, signora? Metta via quel cellulare!”, “Caro signore, la sua risata fragorosa è la vera protagonista di stasera.”

Oppure scegliere di farsi inglobare dalla rappresentazione e mettersi in prima fila?

Lì vista e udito sono eccellenti, ma potrebbe risultare stressante per i più timidi che non vorrebbero vedersi franare addosso la quarta parete, trovandosi completamente scoperti di fronte ad uno spettacolo troppo reale.

In mezzo, però, c’è un mondo di possibilità. Si può applicare la regola generale e mettersi poco prima della metà, questo sicuramente permette di vivere l’esperienza a tutto tondo. Si riesce ad apprezzare lo spettacolo alla perfezione e si ammira lo splendore delle silhouette e delle reazioni del resto del pubblico. Ma c’è il rischio di non avere il completo controllo della situazione né sulla scena né sugli spettatori.

Si possono scegliere i posti laterali che permettono di vedere, quello-che-quelli-in-centro-non-vedono, e magari distrarsi senza sentirsi controllati, o, se proprio lo spettacolo lo richiede, anche di uscire. Ma hanno il grosso difetto di farti pensare che lo spettacolo non lo stai guardando come-lo-aveva-pensato-il-regista che sicuramente si sarà seduto al centro. 

Ci sono poi numerose varianti che permettono di mescolare tutte le caratteristiche e, soprattutto, ci sono delle ragioni personali che fanno cadere la scelta su un posto, anziché su un altro. Quello che risulta affascinante è che tutti questi pensieri, almeno per me, quando si entra all’interno del teatro con un’idea ben precisa, si annullano. L’idea di far parte della Giuria Popolare e rendersi conto che si deve star attenti, che gli attori in scena stanno cercando di dare il massimo mi fa sempre sentire una certa responsabilità addosso. Ho sempre amato la regola generale, ma ho provato a romperla e a mettermi lì davanti, nelle prime file. Quando l’ho fatto, lo ammetto, innamorarsi della scena è stato più facile. Provateci anche voi la prossima volta. Vi garantisco che sarò taciturna e simpatica.

 

SSB (Spettatrice Smarrita nella Bassa)

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